Nei precedenti due articoli, che trovate qui e qui, abbiamo parlato di cosa si intenda per dieta flessibile IIFYM, con i pro e i contro, e su come rendere flessibile ma comoda la propria alimentazione.
Con questo articolo completiamo il quadro, approfondendo alcune tematiche che non sono state toccate precedentemente: corrette frequenze di consumo, importanza della qualità degli alimenti e come inserire cibi “complessi” (come biscotti o ravioli) nella vostra dieta.
Importanza della qualità di ciò che si mangia
In realtà a questo abbiamo già accennato quando vi ho detto che “un macronutriente non è un macronutriente”.
Se ci limitassimo, ad esempio, a prendere in considerazione il contenuto proteico di carne bianca e bresaola potremmo facilmente intercambiare l’una e l’altra a piacere. Anzi, a ben guardare sarebbe tanto comodo poter attingere il più frequentemente possibile a materie prime conservate: bresaola, tonno in lattina, affettato di pollo, fiocchi di latte e via dicendo hanno un prezzo non eccessivo, un buon contenuto proteico e sono comodissimi da trasportare per creare veloci pasti da consumare in ufficio o in università.
Sarebbe tuttavia sano sul lungo termine? Assolutamente no, perché questi prodotti hanno un contenuto di sale e conservanti ben maggiore rispetto a carne e pesce freschi; oltretutto, il materiale in cui sono stati conservati può rilasciare sostanze potenzialmente tossiche che vengono assorbite dal cibo stesso: è il caso degli interferenti endocrini nel materiale plastico (le buste in cui gli affettati sono conservati) e dei metalli pesanti, come l’alluminio e il nichel, nelle lattine di tonno o legumi inscatolati.
Quando scegliete cosa includere e cosa escludere dalla vostra alimentazione non dovete mai mettere come secondario il fattore qualitativo: ricordate che una “dieta” intesa come mero apporto calorico bilanciato e ripartizione specifica dei macronutrienti ha un fine prettamente estetico; non so voi, ma io tenderei a tenere come prioritario il valore salutistico e il potenziale terapeutico del modo in cui vi nutrite. E su questo, non ci piove, la qualità delle materie prime sta un gradino sopra la quantità di consumo.
Sul sito troverete diversi articoli dedicati alla qualità alimentare, riuniti in questo tag: buon approfondimento!
Frequenze di consumo
Veniamo ora a parlare di “quanto spesso” un alimento può essere consumato; argomento di enorme portata, su cui è possibile solo dare indicazioni generali e mai personalizzate, poiché a ben guardare la frequenza è secondaria ai fabbisogni individuali (un conto è avere un fabbisogno di 50 g di proteine al giorno, tutt’altro è averlo di 100 g!).
Sulle frequenze di consumo possiamo dare alcune indicazioni alquanto generalizzate, che tengono in particolare rilievo la portata salutistica delle materie prime scelte.
1. Parlando di carboidrati, abbiamo visto in questo articolo che ne possono essere una buona fonte sia i cereali in chicchi (riso, orzo, farro, miglio…) sia i farinacei (pane, pasta, prodotti da forno) sia i tuberi amidacei (le patate).
Sarebbe bene preferire il più possibile fonti “pure” di carboidrati da cereali in chicchi e tuberi, limitando invece le fonti di farinacei; questo perché le farine comportano maggiori tempi di digestione, sono spesso associate a lieviti, che in molte persone creano problemi di fermentazione intestinale, e hanno una tracciabilità meno sicura (sono farine al 100% italiane? Macinate a pietra? Ossidate? Il prodotto contiene adiuvanti la lievitazione ulteriori al solo lievito, che non è necessario indicare in etichetta?). I prodotti contenenti farine, inoltre, sono fatti con l’utilizzo di altri ingredienti quali sale e oli vegetali che, complessivamente, tendono ad abbassare la qualità merceologica del prodotto. Infine, relativamente ai farinacei contenenti frumento, non è possibile avere certezze riguardo la tipologia di frumento contenuto: che genere di grano è? Contiene grano Creso o farina di manioca, che a così tante persone creano disturbo digestivo?
Insomma, sui farinacei vale la regola “meno è meglio”, sia a livello quantitativo (cercare di non superare porzioni di 30-50 g) sia a livello di frequenza (non più di una volta al giorno). Inoltre, dove possibile, preferite sempre prodotti con farine macinate a pietra e biologiche, soprattutto se si tratta di alimenti integrali.
2. Più che parlare di una frequenza settimanale relativa alle fonti di carboidrati (“quante volte posso mangiare il primo piatto?”), ha senso riferirsi ad una ciclizzazione di tali fonti. Le diete cicliche si sono rivelate essere le migliori in termini di risultati su peso, ricomposizione corporea, riequilibrio ormonale, longevità e potere terapeutico sulla prevenzione di diversi tipi di patologie.
Su questo tema torneremo in un altro articolo, ma a grandi linee può essere utile tenere giorni alti di carboidrati in concomitanza delle sessioni di allenamento, abbassandone invece la quota nei giorni di riposo. La quota complessiva, lo sottolineo, è dipendente dal tipo di metabolismo e dai fabbisogni: è chiaro che una persona atletica, magra e con elevato metabolismo potrà permettersi di ciclizzare giornate “alte” da 300-400 g di carboidrati e giornate “basse” da 200-250 g, dove invece una persona che necessita di perdere qualche chilo o con un metabolismo rallentato non riuscirà a raggiungere i 200 g nemmeno nei giorni “alti”, se non previo lungo adattamento.
Insomma, ci rigiriamo sempre intorno: fatevi seguire, evitate il fai-da-te.
3. Per quanto riguarda le fonti di grasso, ricordate che la loro frequenza deve essere strettamente dipendente dal quantitativo di carboidrati introdotto con la dieta: i due macronutrienti sono inversamente proporzionali.
E’ scontato che una certa quota di grassi deve essere introdotta ogni giorno (il banale olio ai pasti), pena un rallenamento sostanziale del sistema ormonale e un calo della libido, tuttavia si può giocare su alcune sfumature, quale ad esempio la presenza o meno di spuntini “cicciosi” (passatemi il termine) a base di frutta secca, creme di frutta secca, generose quantità di cioccolato fondente, creme di avocado e cacao.
Quindi, per avere una regola generale, nei giorni “alti” di carboidrati preferite spuntini che siano parimenti concentrati di carboidrati (frutta fresca e frullati, pane con confettura di frutta al 100%, o spuntini più golosi come risolat fatto in casa, biscottini con fiocchi d’avena e banana, mele cotte con cannella e uvetta), mentre nei giorni “bassi” riducente la quota di carboidrati in favore dei grassi negli spuntini (una manciata di frutta secca, latte d’avena con cioccolato e tahin, mousse di avocado e cacao…).
Ricordate però che le fonti di grassi, e le loro quantità complessive, sono dipendenti dai vostri obiettivi (dimagrimento, ricomposizione corporea, mantenimento?), dal vostro stato ormonale (ciclo, stress, tiroide) e da intolleranze specifiche (nichel e istamina su tutte).
4. Arriviamo infine alle proteine. La frequenza di materie prime ricche di proteine dipende essenzialmente dalla qualità di quello che acquistate: un conto è mangiare carne da allevamenti intensivi, un altro è trovare un produttore consapevole che faccia pascolare il bestiame.
In seconda battuta, la frequenza dipende dal vostro livello di tolleranza: chi non soffre di disturbi gastroenterici e ritenzione di liquidi può permettersi di mangiare legumi e formaggi svariate volte durante la settimana, mentre chi soffre di questi fastidi risulta svantaggiato e, per forza di cose, dovrà giostrarsi quasi esclusivamente tra carne, pesce e uova.
Per le proteine, è importante considerare quanto detto nel precedente articolo circa i tagli magri e grassi di carne e pesce: e l’obiettivo della dieta è quello del dimagrimento o della ricomposizione corporea, potrebbe essere utile introdurre non più di due volte a settimana tagli semi-grassi o grassi (come maiale, salmone, sarde, sgombro, certe parti del manzo e via dicendo).
Sarebbe opportuno che in qualsiasi tipo di alimentazione le proteine siano presenti ad ogni pasto, per garantire un senso di sazietà prolungato e una stabilità glicemica duratura, tale da prevenire quei continui picchi insulinici tanto controproducenti su diverse patologie.
La quantità in ciascun pasto dipende dal fabbisogno nutrizionale: chi è sedentario potrebbe mangiare anche solo 50-80 g di carne o pesce a pasto, mentre in uno sportivo la dose raddoppia, se non di più.
Val la pena ricordare che in diete ad elevato contenuto glucidico (carboidrati) si ha il vantaggio di poter giocare la carta del risparmio proteico: più carboidrati introduciamo, più potremo limare sulla quantità proteica totale, a parità di fabbisogno. Queste sono tuttavia minuzie che solo un operatore sanitario della nutrizione può cogliere e usare vantaggiosamente nello stilare una dieta.
Se volessimo creare una tabella che tenga conto di una frequenza settimanale comprensiva di tutte le fonti proteiche suddivise tra pranzo e cena, questa potrebbe essere ideale:
Inserire in dieta alimenti complessi
Nei precedenti articoli abbiamo parlato di come poter sostituire “il simile con il simile”: riso con gnocchi o patate, pollo con manzo, merluzzo con branzino.
Ma come fare quando ci troviamo di fronte a vere e proprie ricette che prevedono più ingredienti, con il risultato finale di avere un prodotto che presenta un’eterogenicità di macronutrienti?
Ad esempio: i ravioli ripieni di carne come si collocano? I biscotti fatti in casa? Il polpettone?
Vediamo di dare delle linee guida.
Per prima cosa, è importante valutare se contemplare il pasto “complesso” in un vero e proprio sgarro. In certi casi, come vedremo tra poco, è possibile far rientrare la ricetta nel conteggio dei propri macronutrienti, ma in altri casi è pressoché impossibile: ad esempio quando mangiamo le lasagne della nonna, quando prendiamo un piatto elaborato al ristorante di cui non riusciamo a stimare i singoli componenti o quando prepariamo un dessert che tanto leggero non è. In queste situazioni è più utile contemplare una “finestra” settimanale che preveda una cena libera e/o un dessert a propria scelta, e togliersi lo sfizio senza pensare ad alcun tipo di calcolo.
Per altro, l’introduzione in dieta di cene libere e/o piccoli sgarri aiuta moltissimo a mantenere elevata l’adesione alla dieta stessa: sapere di avere una (o più) concessioni settimanali permette di non accumulare voglie che potrebbero trasformarsi in deleterie abbuffate, senza per questo sentirsi in colpa per “aver sgarrato”. Probabilmente l’avrete notato voi stessi: autorizzarsi a sgarrare è più efficace di cadere in uno sgarro non preventivato, dico bene?
Invece, per inserire una ricetta complessa nei nostri macronutrienti quotidiani è inevitabile dover procedere ad una semplificazione degli ingredienti.
Vi faccio il classico esempio dei pancake. La ricetta “classica” prevede diversi ingredienti: zucchero, latte, uova, burro, farina. Le proporzioni tra di essi non sono ideali per una dieta: se andassimo ad analizzare la composizione del prodotto finito ne risulterebbe un alimento ricco di carboidrati, con poche proteine, e probabilmente con una quantità di grassi non a nostro favore (soprattutto considerando che in una dieta dimagrante o per ricomposizione corporea non è ideale l’unione di grandi quantità di grassi e carboidrati in uno stesso pasto).
Possiamo però attuare una semplificazione degli ingredienti, rendendo il pancake più proteico e pressoché senza grassi. Ad esempio: 1 uovo + 1 albume, 20-30 g di fiocchi d’avena tritati, 50 g di banana matura schiacciata e un cucchiaino di lievito biologico; possiamo aggiungere della vaniglia in polvere che dona dolcezza senza alcuna componente di zuccheri alimentari. Amalgamiamo tutti gli ingredienti e cuociamo i pancake in padella antiaderente: avremo ottenuto una colazione bilanciata, saziante e che può perfettamente rientrare nella nostra dieta (certo, facciamo attenzione a non abusare della marmellata e del miele con cui serviamo i pancake!). D’altronde, a ben guardare, possiamo dire di aver sostituito la banana e i fiocchi d’avena alla quota glucidica della colazione (pane di segale, fette biscottate di farro, fiocchi per porridge…), l’uovo e l’albume alla componente proteico-lipidica (yogurt greco, frutta secca, affettato senza conservanti).
Allo stesso modo, per pranzo possiamo pensare di preparare un piatto di ravioli ripieni di carne; in questo caso dovremo considerare che l’alimento presenta pochi grassi, molti carboidrati e proteine medie: probabilmente per “rientrare nei nostri macro” sarà necessario tenere una porzione media (120-140 g), da condire con passata di pomodoro o sughetto di verdure, e a cui abbinare una piccola porzione di secondo piatto di un qualche taglio magro (fesa di tacchino o bistecchina di manzo, ad esempio).
E’ scontato sottolineare che, per poter creare ricette complesse da inserire in dieta, è necessario:
– Conoscere i propri macronutrienti, studiati in base alle proprie necessità;
– Sapere se tali macronutrienti sono ciclici, o stabili (ossia se variano di giorno in giorno oscillando intorno ad una stessa media, oppure se sono uguali ogni giorno);
– Essere in grado di “scindere” gli ingredienti di una ricetta per poterli calcolare separatamente (ad esempio quando prepariamo il polpettone difficilmente ne faremo una porzione: ne facciamo 2-6, calcoliamo il contributo di ciascun ingrediente alla ricetta e poi dividiamo per il numero di porzioni).
Se volete introdurre un alimento complesso (come ravioli, polpettone, condimento di pesto, torte salate…) potrebbe essere complicato riuscire a far tornare i conti del pasto stesso: insomma, vi ci vedete a dire “mi mancano 8 grammi di proteine, ma ho mangiato 13 grammi di carboidrati in più, e adesso come risolvo?!”?
Potreste giocare piuttosto sul bilancio giornaliero, ovvero inserire i macro che vi mancano al pasto successivo (una porzione più abbondante di cereali e/o secondo piatto), oppure toglierli qualora fossero stati già consumati.
Diversi studi hanno dimostrato che, eccezion fatta per preparazioni atletiche molto specifiche, quello che conta sul fronte del dimagrimento o del mantenimento del peso è proprio solo il bilancio giornaliero, se non addirittura settimanale o mensile. Le variazioni ai singoli pasti sono pressoché ininfluenti, a meno che, ripeto, non ci sia anche un piano di allenamento molto mirato e/o un fine di ricomposizione corporea di un certo livello.
E i dolci?!
Abbiamo visto nel precedente articolo che molte cose etichettate come “antidietetiche” possono in realtà essere contemplate in un regime dimagrante: ad esempio gnocchi, polenta, castagne, patate, spezzatino, arrosto, brasato… L’importante è prestare attenzione ai condimenti e agli accompagnamenti del pasto (salse e salsine, a meno che siano di sole verdure, non sono consigliabili), alle quantità complessive e agli abbinamenti più efficaci.
Oggi abbiamo invece visto che per ricette complesse, con molti ingredienti, è difficile riuscire a fare un bilancio vero e proprio che rientri strettamente “nel regime”. Il problema sono soprattutto i dolci: sulle ricette di primi e secondi piatti in qualche modo ci si barcamena, ma i dolci… come si mettono in una dieta?!
Il problema dei dolci è che sono inevitabilmente sbilanciati verso gli zuccheri: anche a voler usare dolcificanti naturali (come miele, malto, uvetta o datteri) e farine integrali, la percentuale di zucchero unita alla quantità di farine usate per dare sofficità fa sì che il dessert vada ad usurpare una generosa quota di carboidrati quotidiani. Ad esempio, una porzione di strudel o di crostata (100 g) sono circa 60-70 g di carboidrati.
Esistono poi tipologie di dolci, come mousse, semifreddi e dolci al cucchiaio, che viceversa presentano un cospicuo contributo di grassi: una porzione di gelato (coppetta media) ha 10-20 g di grassi (e almeno 30 g di zuccheri); una fettina di torta fondant au chocolate circa 20-25 grammi (con circa 40 g di carboidrati).
Insomma, far rientrare i dolci in una dieta è ben difficile: per questo dovrebbero piuttosto essere considerati coccole da concedersi una o due volte a settimana; e, fate attenzione, questo vale anche qualora non si avesse il fine di perdere peso: in virtù del contributo di zuccheri, dell’elevato potere insulinemico e del basso potere saziante, i dolci non sono un alimenti che non possono essere consumati con eccessiva frequenza.
Quello che si può invece fare in regime dietetico è ingegnarsi a trovare formule nuove per preparare dessert che, tuttavia, si allontanino dal concetto classico di “dolce”; un esempio potrebbe essere la proposta di pancake sopra descritta, ma si potrebbe anche pensare di fare una mousse a base di yogurt greco e cacao, o una torta che sfrutti la dolcezza della farina di castagne unita alle mele o alle banane.
Per realizzare questi dolci bisogna sapersi già destreggiare tra impasti e ingredienti, per non ritrovarsi con torte non cotte o mousse liquide!
In conclusione…
Prima di concludere questo articolo vorrei lasciarvi lo schema di una “giornata tipo” che prevede pasti soddisfacenti ed equilibrati, che possono rientrare in una qualsiasi dieta (dimagrante o no, a seconda delle quantità utilizzate).
Tuttavia mi preme anche ribadire una considerazione già fatta in questa serie di articoli: da dietista, non ritengo il metodo IIFYM particolarmente valido, né ai fini del dimagrimento, né per mantenere uno stile di vita sano e vario. Il continuo pensare a calcoli, macronutrienti, sostituzioni è quanto di più innaturale e controverso possa esistere in ambito di alimentazione: può avere un senso (e l’ha) in caso di ricomposizione corporea specifica, abbinata ad allenamento di pari specificità.
In tutti gli altri casi, questa continua interferenza della matematica con l’alimentazione si rivela controproducente e ossessiva.
Nonostante questa mia opinione, ritengo che si abbia da imparare da quasiasi fonte: come dimostrato nel precedente articolo (qui) è possibile usare i principi base della dieta flessibile per poter variare la propria alimentazione; sulle ricette complesse, andate semplicemente a intuito: molte di esse risultano troppo pesanti ed elaborate per poter essere inserite con una certa frequenza in dieta, e allora varrebbe davvero la pena, quando ce le si concede, di “mangiarle e basta”, a cuor leggero, sapendo che in quel momento si sta facendo bene alla mente e magari un po’ meno al corpo. Ma che il corpo ringrazierà quando, il giorno successivo, ci sarà abbondanza di croccanti verdure crude, cotture semplici, spezie antinfiammatorie e acqua, per il drenaggio dei liquidi.
Esempio di menu di un giorno
COLAZIONE
Pancake con composta al 100% di mirtilli (1 cucchiaino)
Per il pancake: frullare 1 uovo e un albume insieme a 20 g di fiocchi d’avena, una banana piccola ben matura (50-60 g), ½ cucchiaino di vaniglia in polvere, 1 cucchiaino di lievito bio. Cuocere in padella antiaderente
SPUNTINO
Una pera o una mela
PRANZO
Gnocchi di patate con crema di radicchio e parmigiano (n.2 cucchiaini)
Spezzatino di tacchino con succo di melograno
Broccoletti spadellati (conditi con un cucchiaio di olio extravergine)
Per i gnocchi (2 persone)
:
360 g di gnocchi di patate possibilmente bio
1 radicchio
1 cucchiaio di olio
sale marino integrale
Sbollentate il radicchio per 4-5 minuti, scolatelo e frullatelo con l’aggiunta dell’olio (e una presa di sale marino integrale).
Portate a ebollizione una pentola d’acqua, salate e cuocete i gnocchi per 3-4 minuti; scolateli e conditeli con la crema di radicchio.
Per lo spezzatino (2 persone)
200 g di tacchino tagliato a dadoni
1 melograno
1 cipolla dorata
20 g di farina d’avena
sale marino integrale
Mettete la farina in un sacchetto di plastica per alimenti, se volete aggiungendo anche rosmarino tritato. Ponete nel sacchetto anche la carne, chiudete il sacchetto e agitate bene fino a che i dadoni di tacchino saranno infarinati omogeneamente.
Tagliate la cipolla a fettine e fatela appassire in padella con mezzo bicchiere di acqua. Aggiungete tutti gli altri ingredienti (melograno spremuto), regolate di sale e di liquido (se è poco, aggiungete acqua o brodo vegetale) e fate cuocere a fuoco medio per 20 minuti.
Potete preparare più porzioni, surgelando quelle che avanzano.
SPUNTINO
Ricotta dolce
Frullate 80 g di ricotta (bio) con 50 g di yogurt naturale, 1 cucchiaino di cacao amaro, ½ cucchiaino di vaniglia e un pizzico di cannella
CENA
Crema di zucca e porri allo zenzero
Branzino al forno (porzione per persona circa 150 g)
Per la crema (2 persone)
400 g di zucca pulita
1 porro
mezzo cucchiaino di zenzero in polvere
sale marino integrale
Pulite e tagliate a pezzi il porro e la zucca; ponete la verdura in una pentola, ricoprite di acqua e portate a ebollizione. Salate, abbassate il fuoco e cuocete 15 minuti. Togliete dal fuoco e frullate con un minipimer, aggiungendo lo zenzero.
La ripartizione dei macronutrienti è la seguente:
Kcal 1411
Proteine: 93 g
Lipidi: 55 g
Glucidi: 127 g
Queste quantità possono essere adatte a una dieta dimagrante per una donna con un sovrappeso (concreto e accertato) di 5-10 kg.
La quantità di carboidrati (sui 130 g) andrebbe mantenuta più bassa per 3-4 giorni, pari per altri 1-2 giorni ed eventualmente più elevata per il rimanente giorno.
Se invece il fine non è quello del dimagrimento, a questo schema possono essere aggiunte fonti di carboidrati (ad esempio una porzione di patate con il branzino, e la ricotta accompagnata da una fetta di pane di segale) e di grassi (più olio d’oliva, e magari dei semini tostati sulla crema di zucca).
8 Comments
Volevo porle una domanda…per quanto riguarda le proteine ha senso il calcolo di 0,8 g x il proprio peso anche in caso di dimagrimento? Grazie
No, asolutamente: si deve stimare un fabbisogno maggiore.
INTERESSANTISIMI ARTICOLI!
ma come come posso adattare il tuo schema tipo settimanale, io che sono “pescivora” (non mangio carne…ma uova, latticini, legumi e pesce si).
SEMPRE GRAZIE
Sarebbe opportuno farsi aiutare da chi di competenza che possa stilare un piano su misura per te: come ribadito più volte, questi consigli generici sono il massimo che posso fare a livello divulgativo.
Ciao Arianna,
ho letto con interesse i tre articoli su IIFYM.
Da biologa nutrizionista agli esordi e da ex paziente a cui era stata prescritta una dieta che molto ha a che fare con questi principi, mi sento di sottoscrivere quello che tu hai riportato e di rimarcare in modo particolare l’importanza di riflettere (e scegliere) sulla qualità delle materie prime di cui ci nutriamo.
Fare calcoli eccessivi ed affidarsi a software può essere utile in un primo momento in cui si ha necessità di comprendere come strutturare i propri pasti, ma alla lunga diventa una prigione in cui ci si sente soffocati (e uscirne è tutt’altro che semplice). Per esperienza personale mi sento di dire che ben venga, se risulta utile, un approccio di questo tipo in fase *iniziale*, ma non può essere considerato il punto di arrivo. Purtroppo spesso, oltre alle competenze, manca da parte del paziente la curiosità di fare approfondimenti personali, forse anche per il fatto di sentirsi affidati al miglior professionista. Penso invece che il nostro dovere sia di accompagnare i nostri pazienti in un processo di crescita continua e di consapevolezza crescente e che solo così possiamo creare quella compliance necessaria al raggiungimento dei loro obiettivi. Aggiungere qualcosa ogni volta, instillare quel dubbio da cui scaturisce la necessità di farsi domande e cercare le migliori risposte credo siano tasselli fondamentali del percorso che creiamo con le persone che si affidano a noi.
Grazie per questo commento, bella occasione di confronto che sottoscrivo in pieno 🙂
Buongiorno Arianna,
in merito ala noce di cocco,è migliore la farina(non rapè,ma la farina,con meno grassi) o il cocco a pezzetti? questo alimento in un ottica di dimagrimento andrebbe completamente evitato o può essere inserito come fonte di grassi?
Grazie mille.
Dipende dal resto dell’alimentazione.